Dietro il gomitolo

domenica 20 marzo 2011

Ogni appassionata di lavoro a maglia o all'uncinetto diventa, presto o tardi, una maniaca dei filati. Si tratta di una conseguenza inevitabile. Basta leggere i post nei forum dedicati all'argomento; ci sono pagine e pagine di discussioni sulla qualità dei filati, sui colori, sulle diverse fibre, sul mercato dei filati e sulle quantità incredibili di gomitoli e matasse che molte di noi accumulano. La scorta della lanista (quasi) anonima cresce, indipendente dai progetti da realizzare ed è quasi impossibile disfarsene.

Il gomitolo da mezzo diventa fine. La collezione nelle scatole dentro gli armadi, sotto i divani, nelle ceste che affollano i nostri soggiorni (per la disperazione di mariti e genitori) assume un ruolo da protagonista.

Io non sono una delle massime esponenti di questa corrente, ho solo 3 scatole di filati nella mia tana (è risaputo che gli orsi non si costruiscono abitazioni troppo spaziose), ma adoro i gomitoli e spesso mi sono chiesta come nascono, da dove vengono.
Alcuni giorni fa ho avuto l'opportunità di farmene un'idea, grazie a The wool box e a Natascia, che mi ha invitata a conoscerli.

The wool box
è un progetto che nasce insieme a Biella the wool company, un consorzio che si propone di riunire produttori, esperti, persone in grado di gestire la lavorazione della lana, allo scopo di proteggere e conservare un patrimonio biologico e culturale che altrimenti andrebbe perso per sempre.

La pecora biellese


La loro sede si trova a Miagliano, comune del Biellese, un ex villaggio fabbrica sorto intorno a un antico lanificio che, fondato nel 1865 ha cessato l'attività all'inizio degli anni '90. Definire la visita interessante è riduttivo. La struttura ha un fascino incredibile perchè unisce le suggestioni dell'archeologia industriale alla sensazione che il lavoro lì sia ancora vivo, non solo perchè ci sono alcune persone che lavorano all'interno, ma per l'odore di fabbrica che c'è ancora, per le strutture, i macchinari in disuso, l'archivio con i campioni di tutti i tessuti prodotti in quella fabbrica dalla metà dell'800 in avanti. C'è un sapere che viene conservato con cura e con entusiasmo, perchè non muoia.
Poi c'è lo showroom, con una parte della mostra Wools of Europe, che espone lavori realizzati dagli artigiani di tutta l'Europa utilizzando la lana prodotta dalle razze ovine locali, razze la cui lana non è pregiata, dimostrando come, da un prodotto che generalmente si smaltisce come rifiuto, si possano ottenere manufatti straordinari. Il visitatore può vedere le foto degli animali, leggere le didascalie con le loro caratteristiche e la provenienza geografica, ammirare i prodotti della fantasia e dell'abilità degli artigiani e soprattutto toccare e annusare il vello sucido da cui si è ottenuta quella lana. Vi assicuro che è un'esperienza sorprendente.
The wool box inoltre conserva, rigorosamente sottovuoto, i velli di 87 pecore di razze diverse, provenienti da 27 Paesi.

Se vi ho incuriosito, mettetevi in contatto con loro, è una visita che merita.
Continua...

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